Education missing!

Un’altra esperienza di volontariato per me.

Sono in Grecia questa volta. Mi trovo sull’isola di Samos, l’isola più a est della Grecia, a due chilometri in linea d’aria dalla Turchia. Sono arrivata per conto di Dråpen i Havet, in inglese “Drop in the Ocean” una ONG norvegese che opera da anni in Grecia nell’isola di Lesbo, ad Atene e nella regione della Grecia del nord nell’area di Salonicco (o Thessaloniki).
A Samos, Drop è appena arrivata da pochi mesi (marzo 2019).

Quando ho fatto richiesta ad Oslo di voler partire con loro come volontaria, mi hanno suggerito l’isola di Samos, dove Drop avrebbe avviato da zero un progetto di Education per garantire servizi educativi ai bambini rifugiati in viaggio con le loro famiglie verso l’Europa, in procinto di affrontare la famosa “rotta balcanica”. Ovviamente ne ho abbracciato la Causa e così sono partita, di nuovo migrante tra i migranti.

Dopo un’oculata lettura del contesto di Samos e un’attenta analisi dei bisogni, Drop ha avuto un’idea intuitiva per rispondere ai bisogni di base cui non si può e non si deve rinunciare: soprattutto ha colto un gap educativo tra i bambini rifugiati nella fase critica pre-puberale dai 7 ai 12 anni e ha deciso quindi di investire “risorse volontarie” in questo ambito, all’interno di un contesto a dir poco spregevole: da quando i flussi migratori si sono fatti più intesi negli ultimi 5 anni a causa della crisi del mediterraneo, Samos insieme alle isole di Lesbo, Chios, Kos si sono trasformate in intere isole d’accoglienza per migliaia di profughi che qui in Grecia sono approdati dopo aver affrontato le varie pericolosissime rotte: chi la strada asiatica (fiumi di profughi provenienti dall’Asia meridionale, Afghanistan, Iran); chi il Mediterraneo e il vicino Medio Oriente; chi la Turchia e chi l’Africa.
Samos e le isole sorelle egee sono di fatto geograficamente il primo approdo alla Grecia (la Turchia è a vista immediata da qualsiasi altura dell’isola) e quindi alla miracolosa Europa!

Peccato che la maggior parte di loro una volta qui approdata, creda di aver superato il peggio e si aspetti di aver raggiunto le soglie della “salvezza” europea. Di certo non crederebbe mai di doversi confrontare con politiche statali neo-conservative che puzzano di nazionalismo di ritorno, sempre più compatte contro l’immigrato, né di ritrovarsi presto in un nuovo inferno, dopo quello già passato.

E Samos, così come le altre isole greche, pare siano sempre più insofferenti ad una situazione che mette “a disagio” la popolazione locale, il turismo e l’economia locale per via del “pericolo invasione”.
A me risulta che il problema decrescita e disoccupazione in Grecia siano dovuti a cause ben più ataviche e ben più radicate (vedi corruzione, malaffare e mala-gestione in stile mafia italiana) che niente hanno a che fare con i migranti e la situazione umanitaria critica attuale. Ma si sa: trovare una scusa al di fuori di noi, de-responsabilizzare e puntare all’uomo nero e straniero come nuovo nemico da far fuori, sono sempre stati dei trucchetti facili nemmeno troppo negati cui noi stessi italiani brava-gente non possiamo che darne cattivo esempio.

A Samos allora, pare che la comunità locale sia insorta con forza contro i rifugiati trovando ogni espediente pur di fare leva sulle proprie sofferenze e usando persino la scuola e i bambini. Molte famiglie greche hanno fatto ritirare i loro figli dalle scuole perché ne temevano il contagio (fisico, morale, artificiale…) e così le ordinanze pubbliche, pressate dai nuovi “bisogni” popolari, hanno richiesto che i rifugiati non siano più accolti nelle scuole pubbliche e che gli stessi non possano più iscriversi e ricevere una formazione adeguata che è loro diritto. Un diritto sancito da tutti i trattati internazionali e dalle convenzioni per i diritti del fanciullo; e un dovere morale da parte degli adulti rispettarne l’applicazione.

Presto tutti i bambini rifugiati già presenti a Samos (pochissimi o sceltissimi i pochi rifugiati fortunati che hanno potuto continuare) sono stati costretti a rinunciare alla scuola. E quando il sistema nazionale pubblico fallisce ancora una volta è la società civile a svegliare le coscienze con le le loro organizzazioni e associazioni, ONG private.

Fortunatamente a Samos a garantire il diritto ad un’Educazione di base, non c’è solo Drop in the Ocean, ma anche: Action for EducationSamos Volunteers e Still I Rise, quest’ultima fondata dall’italiano Nicolò Govoni, scrittore emergente e attivista. Tutte ONG volenterose (nel senso che sono portate avanti coraggiosamente “solo” da volontari e da lavoro volontario, non remunerato) che hanno captato il bisogno di fornire servizi educativi informali che riguardano le competenze linguistiche (tra gli altri come corsi di inglese, francese, farsi, arabo), matematiche ed informaticheattività motorie, fisiche (lezioni di break dance e hip-hop) e ricreative (corsi di chitarra e altri strumenti musicali). Insomma con emozione, ho ripreso un po’ quello che avevo già sperimentato durante la mia precedente esperienza di volontariato presso la casa dei rifugiati a Bogovadja, in Serbia.

Ad un mese e mezzo dal mio arrivo a Samos, le attività di Drop in the Ocean sono cominciate finalmente da un paio di settimane e i suoi frutti non si faranno attendere tanto. Ad oggi Drop ha due classi suddivise per fasce d’età (dai 7 ai 9 anni, e dai 10 ai 12 anni) di una decina di bambini ciascuna e le iscrizioni rimarranno aperte tutto l’anno per consentire a tutti gli altri bambini rifugiati in arrivo di potersi iscrivere ai corsi e poter contare sul sostegno didattico e sull’abbraccio accogliente di insegnanti volontari e volonterosi, nonostante il razzismo dilagante, nonostante la brutta aria di segregazione sociale-territoriale che si respira (vedi dove lo stesso campo rifugiati è stato posto fisicamente lontano, su una collina al di fuori dalla città così da non recare troppo disturbo…)

Oggi 29 Giugno, giornata mondiale contro tutte le discriminazioni esistenti, ad un mese e mezzo dal mio arrivo in Grecia, sventolo quella che per me è una bandiera Rainbow 🌈

 ma che in realtà è un tendone da circo per i prossimi giochi circensi da preparare per la classe, e per me rappresenta qualcosa che ha un valore simbolico di enorme importanza: la preziosità del diverso, delle minoranze, di tutte le Resistenze da difendere con la forza; l’urgenza culturale ed educativa tra la mia generazione e quella futura che non può aspettare; la necessità di riscrivere un’Umanità non-ancora-perduta, qui come in ogni paese. Qui “a casa loro” che poi è anche casa mia.

Siamo gocce nell’oceano #WeAreDrops

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