Québec: il multiculturalismo alla prova delle spinte separatiste

di Vincenza Lofino | edito da: BloGlobal, OPI – 27 febbraio 2013

 

Il Québec, provincia del Canada orientale, con la sua lingua (il francese è quella ufficiale), la sua cultura e le sue istituzioni, costituisce una vera e propria nazione all’interno dello Stato federale del Canada, primo Paese nel 1971 ad adottare ufficialmente il Multiculturalismo attraverso iniziative tese a valorizzare le molteplici minoranze linguistiche presenti sul territorio (il cosiddetto “mosaïque culturelle canadienne”): tra le varie misure vi è, ad esempio, il riconoscimento della lingua italiana come patrimonio comune dello Stato canadese, essendo essa la terza lingua parlata nel Paese nordamericano.

Lo storico dibattito degli anni Settanta sulla questione linguistica finì per spaccare la società e l’opinione pubblica quebecchese, dando spazio alle istanze nazionalistiche e indipendentiste rappresentate dal Partito Quebecchese (Parti Québécois, PQ). Quarant’anni dopo, nuove mire secessioniste potrebbero profilarsi sulla scena politica della più estesa provincia della Confederazione a seguito della vittoria del PQ, tornato al governo dopo nove anni con le elezioni legislative del 5 settembre 2012 grazie alla sua leader, Pauline Marois, prima premier donna della storia del Québec.

Popolazione nata all’estero. Fonte: Statistics Canada

Paesi di provenienza dei Canadesi nati all’estero. Fonte: Statistics Canada

Il caso: il fenomeno migratorio della comunità italiana nel Québec e la politica del multiculturalismo

Il fenomeno migratorio italiano di massa del secondo dopoguerra verso il Canada, e in particolare verso l’Ontario e il Québec, riveste ancora oggi un interesse peculiare all’interno degli studi sulle migrazioni italiane nel mondo. L’imponente flusso migratorio che ha contributo all’arrivo di circa 700 mila italo-canadesi nell’arco di un secolo [1] ha reso quest’ultimi uno dei gruppi linguistici più consistenti nel territorio canadese dopo gli anglofoni e i francofoni. I migranti italiani, soprattutto di origini calabresi e molisane, non hanno fatto fatica ad inserirsi in un contesto linguistico e giuridico caratterizzato dal bilinguismo franco-inglese e dal federalismo politico che ha prodotto una specifica politica di integrazione – tuttora in vigore – votata al Multiculturalismo sia a livello provinciale, sia nazionale.

A Montréal, la città più popolosa del Québec, si concentrava la più grande Petite Italie del Mile End, cuore economico e culturale delle prime comunità italiane del XX secolo, le cui caratteristiche più spiccate erano l’organizzazione delle istituzioni etniche e l’intensità della vita comunitaria segnate dal forte sentimento religioso e dall’attaccamento alle feste patronali del Paese di origine. Nella Petite Italie le comunità italiane partecipavano attivamente alla vita politica, sociale ed associativa. E’ nel quartiere residenziale di Saint-Léonard a Montréal, oggi abitato dal 41 per cento di italiani, che nacque il Centro Leonardo da Vinci, sostenuto, assieme ad altre associazioni, dalla Fondazione Comunitaria Italo-Canadese del Québec (FCCIQ). Oggi il quartiere è sede anche di attività culturali, sportive, ricreative e filantropiche con l’obiettivo di diventare lo specchio dell’Italia a Montréal, mantenendo vive le tradizioni della comunità locale, favorendo i rapporti con il Paese d’origine e coinvolgendo l’insieme di tutti gli altri gruppi etnici e culturali canadesi. In seguito, e con l’acuirsi della crisi linguistica degli anni Settanta, nacquero altre associazioni, il Consiglio Educativo italo-canadese e il Congresso nazionale degli italo-canadesi che hanno giocato un ruolo importante nella storica disputa avvenuta tra i tre gruppi linguistici presenti – i francofoni, gli anglofoni e gli allofoni – per stabilire le priorità linguistiche della provincia quebecchese e la possibilità dell’insegnamento dell’inglese nelle scuole pubbliche.

Gli Italiani facevano parte del gruppo degli allofoni, ma spesso erano definiti genericamente come “etnici” come tutti i vari gruppi d’immigrati non francofoni che si stavano stanziando in Canada. Nonostante parlassero abitualmente inglese o francese, per i québécois d’origine le prime comunità di italiani erano identificate come “etniche”, cioè di non autoctoni, e quindi estranee al di là della lingua parlata. Lo scontro più duro si svolse in particolare tra le associazioni e le commissioni scolastiche della città di Montréal: la Protestant School Board of Great Montreal e la Commission des écoles catholiques de Montréal, al punto da convincere il governo federale a pronunciarsi in merito alla questione linguistica e a proclamare nell’1977 la vittoria del fronte francofono con l’introduzione della “Loi 101” o “Charte de la langue française” (Carta della lingua francese). Con questa legge, il Québec diventò una provincia a maggioranza francofona, basata su leggi e regolamenti per garantire la propria identità linguistica e culturale, soprattutto nei confronti di una popolazione estremamente eterogenea e avviata verso la politica del Multiculturalismo.

La questione linguistica come pretesto politico per il secessionismo

Contemporaneamente alla legge del 1977, il nuovo Citizenship Act conferiva pari diritti civili e politici a tutti i Canadesi di origine e a quelli naturalizzati, consentendo a tutti loro di inserirsi nella cultura francofona maggioritaria e allo stesso tempo difendendo le proprie tradizioni. La politica interculturale oltre alla tutela etno-culturale, apriva spazi di manovra che con il tempo furono considerati in maniera positiva dalle comunità etniche, le quali poterono accedere a fondi provinciali per progetti specifici per l’insegnamento della propria lingua materna e in seguito anche della lingua inglese (quest’ultima era preferita e spesso utilizzata nel lavoro dai maggiori gruppi imprenditoriali della provincia). Gli allofoni di Montréal, e tra questi anche l’importante comunità degli italo-canadesi, non gradirono inizialmente l’introduzione della nuova Loi 101, né furono favorevoli alla nuova svolta politica e culturale del Paese, ma gli spazi offerti dal Multiculturalismo offrirono loro l’occasione non solo di coltivare la propria lingua materna e ampliare la conoscenza dell’inglese, ma anche di influenzare rapidamente le politiche locali. Le comunità etniche diventarono infatti sempre più gruppi di pressione e bacini di voti per i candidati dei due maggiori partiti canadesi, liberale e conservatore, sebbene in Québec la situazione fosse complicata dalle spinte separatiste del Parti Québécois di René Lévesque.

Conseguenza dell’adozione della Loi 101 fu la formazione del primo governo del PQ, nato con l’intenzione di separare la provincia francofona dal resto del Canada e di riconoscere il diritto di autodeterminazione per le popolazioni autoctone del Québec a condizione che l’integrità territoriale della provincia non fosse messa in discussione. Con il passare del tempo il PQ ha assunto un’impronta più marcatamente secessionista, facendosi promotore di un referendum sulla separazione, bocciato tuttavia sia nel 1980 sia nel 1995.

Alle elezioni provinciali dello scorso 5 settembre 2012, il PQ ha conquistato 54 dei 125 seggi dell’Assemblea Nazionale, con uno scarto di solo 4 seggi in più rispetto ai liberali dell’ex primo ministro Jean Charest al governo da nove anni. L’esultanza dei separatisti ha rischiato di finire in tragedia. Un uomo ha aperto il fuoco nel teatro di Montréal in cui stava parlando Pauline Marois, la leader del Parti Québécois fortunatamente rimasta illesa. L’incidente potrebbe spiegare lo stato di tensione venutosi a determinare nuovamente tra la comunità francofona e quella anglofona. Lo confermerebbe lo sfogo dell’invasato omicida, il quale in francese, e con un forte accento inglese, avrebbe urlato “Gli inglesi si stanno svegliando”. Il tema della secessione potrebbe risvegliare antichi dissapori, sebbene negli ultimi tempi il tema separatista non sembri essere stato al centro dell’interesse della popolazione: secondo i sondaggi tenutisi a settembre solo il 28% degli interpellati ha d’altra parte dichiarato di aspirare alla secessione.

Conclusioni

A distanza di quasi quattro decenni dal dibattito linguistico si può affermare che con l’approvazione della Loi 101, gli allofoni – tra cui la cospicua presenza italiana -, nonostante un ridimensionamento sul piano del riconoscimento politico, videro riconosciuto il diritto di essere considerati come culture da preservare in un contesto ad oggi all’80% francofono. Essi non solo non abbandonarono la scena politica, ma non persero mai coscienza del proprio peso politico. E’ anche grazie alla vitalità delle varianti linguistiche offerte dalle numerose comunità etniche presenti nel territorio che oggi prospera un vivo multiculturalismo nella società quebecchese, a differenza del resto del Canada, un Paese bilingue con chiara maggioranza anglofona e una presenza francofona non del tutto rilevante.

L’attuale governo provinciale di Pauline Marois deve quindi affrontare alcuni punti del suo programma che secondo il quotidiano L’Indipendenza appaiono “contradditori”, a cominciare dal radicamento del suo sciovinismo. Il PQ nel suo programma propone infatti una legge sulla cittadinanza in base alla quale tutti i nuovi arrivati nel Québec dovranno superare, entro tre anni, un esame di lingua francese, prima di acquisire pieni diritti politici. In caso di non superamento, si potrebbe perdere il diritto a candidarsi e anche quello di presentare semplici petizioni al Parlamento locale. Con questa proposta espressa nel programma del PQ, il Québec mostrerebbe tutto il proprio orgoglio identitario che non solo richiama il suo legame storico con la Francia di cui fu colonia per due secoli fino al 1763, ma soprattutto metterebbe in discussione la politica del multiculturalismo faticosamente e fieramente raggiunta dal Québec nel corso degli ultimi decenni: come può una società così aperta fare un passo indietro verso un fanatismo più chiuso e intollerante persino nei confronti di altri conterranei? Una politica tendenzialmente sciovinista potrebbe creare problemi ben più seri: potrebbe ad esempio spingere le minoranze escluse a ricorrere alla violenza. Il monito dell’attentato al teatro di Montréal dello scorso settembre 2012 potrebbe essere stato un segnale d’allarme.

 

Per approfondire:

La questione dei flussi migratori degli Italiani verso il Canada si legga: Poggi I., La comunità italiana a Montréal e la questione linguistica, Centro Altreitalie-Globus et Locus, 2009.

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