Pakistan (factsheet)

La Repubblica islamica federale del Pakistan è situata in un’area strategica tra l’Asia meridionale, il Medio Oriente e l’Asia Centrale. E’ bagnata dal Mar Arabico (oceano indiano) e dal Golfo di Oman nel sud; confina con l’Iran e l’Afghanistan ad ovest, con l’ India ad est e Cina nel nord-est. Lo Stato moderno del Pakistan è stato fondato nel 1947 ma deriva da una delle più antiche forme di civiltà, quella della Valle dell’Indo, sorta circa 5000 anni fa. La cultura pachistana e le sue tradizioni riflettono, perciò, una fusione di varie influenze culturali. La capitale è Islamabad. Con più di 200 milioni di abitanti, il Pakistan è il sesto stato più popoloso del mondo. E’ membro dell’ONU dal 1947 e dell’Organizzazione della Conferenza Islamica dal 1969.

Politica interna

Il Pakistan è diviso amministrativamente in quattro province: Punjab, Sindh, Khyber Pakhtunkhwa (KPK) e Baluchistan. Il Pakistan esercita la sovranità su di un’entità territoriale autonoma, il Pakistan-Administered Kashmir (PAK) che è una parte della regione del Kashmir, da tempo considerato “territorio disputato”

Recentemente, l’omicidio del governatore del Punjab, Salman Taseer, avvenuto lo scorso gennaio 2011 in un periodo di forte instabilità politica, riporta drammaticamente all’attenzione il livello di penetrazione dell’ideologia integralista fra le milizie pachistane e stronca sul nascere ogni trattativa esistente tra i due grandi partiti della coalizione al governo, il Pakistan People’s Party (Ppp), il Partito Popolare Pachistano del capo dello Stato Asif Ali Zardari e del premier Syed Yousuf Raza Gilani e il Muttahida Qaumi Movement (Mqm). Questi, passati nella fila dell’opposizione, lasciano il Ppp senza una maggioranza e compromettono ulteriormente i rapporti con Zardari, vedovo dell’ex premier pachistana Benazir Bhutto, uccisa in un attacco suicida nel 2007, per il quale venne accusato Musharraf, ex capo di Stato Maggiore, appoggiato dal Mqm, assieme ai terroristi islamici di al-Qa’ida.

Il difficile equilibrio politico mette in evidenza il ruolo influente dei servizi segreti pachistani, l’ISI (Inter-Services Intelligence) che, secondo molti, sarebbero i sostenitori dei talebani sin dai tempi dell’invasione sovietica dell’Afghanistan del 1979 e mai realmente contrastati da Musharraf se non con proponimenti di facciata.

Secondo gli analisti militari, il potere dei servizi segreti dell’ISI ha raggiunto negli ultimi anni un’aggressività inaudita grazie all’aiuto della Difa-e-Pakistan, il Consiglio per la difesa del Pakistan che riunisce più di quaranta sigle appartenenti a partiti islamici e organizzazioni terroristiche. L’ISI e il suo direttore, il Generale Pasha sono infatti sospettati di essere responsabili di una lunga scia di terrore che si consuma quotidianamente per punire o estorcere informazioni a giornalisti, intellettuali, attivisti per i diritti umani, operatori appartenenti a organizzazioni umanitarie e talvolta comuni cittadini, costretti alla prigionia o all’esilio, rapiti, uccisi o mutilati. Lo scorso maggio 2011, l’omicidio del giornalista Saleem Shahzad, colpevole di aver scoperto legami fra gli stessi servizi e i gruppi terroristi, ne sarebbe, infatti, una triste testimonianza.

Tuttavia agli intrighi al vertice corrispondono tensioni etniche dai risvolti sociali, economici e politici, come ad esempio i contrasti nel Sindh tra gli attivisti armati del Mqm, che difendono gli interessi dei Mohajirs (in urdu “rifugiati” provenienti dall’India) e il Partito nazionalista Awami (Anp), che rappresenta la comunità di etnia pashtun insediatasi stabilmente nel capoluogo Karachi, cuore economico del Pakistan e al centro della contesa tra i due gruppi. La città è inoltre teatro di feroci violenze, accresciutesi dopo il trasferimento di oltre 300 mila sfollati pashtun provenienti dalle zone dette FATA (Federally Administered Tribal Areas), costretti a convivere con i talebani che già esercitano il controllo effettivo del territorio.

L’altra area colpita dagli scontri etnici è il Balucistan. La regione dei separatisti è oggetto di un vero e proprio assedio compiuto dai servizi segreti, nonostante i buoni propositi dei partiti al governo che promettono di risolvere la causa a sostegno di una regione tra le più povere e meno sviluppate del Paese e per questo definita, già ai tempi dell’Impero britannico “il posto in cui Dio ha gettato tutta la spazzatura del creato” (Azione, settimanale n.03 – 2011)

Situazione economica

La ricchezza economica e naturale del Pakistan è rappresentata dal fiume Indo (Sindh in lingua urdu). La valle dell’Indo, come nell’antichità, mette a disposizione delle popolazioni enormi provvigioni di acqua per scopi agricoli e di trasporto. Il settore agricolo quindi regge l’economia del Pakistan e rappresenta i 2/5 del mercato del lavoro (CIA – The World Factbook). La principale fonte di guadagno da esportazione del Pakistan è riassunta nei materiali tessili. Assieme a Cina, Usa, India, il Pakistan è, infatti, nel gruppo dei Paesi che produce i 3/4 del cotone di tutto il mondo.

Le altre esportazioni significative riguardano i prodotti manifatturieri, principalmente articoli in cuoio e in pelle, articoli sportivi, tappeti e coperte. Nello specifico: il Punjab, reso fertile dalle acque dell’Indo, è noto per la coltivazione del frumento; il KPK per la produzione di agrumi, frutta secca e legname; la terra del Sindh, al sud, è conosciuta per la ricca produzione agricola e il suo capoluogo Karachi, la città più popolosa del Pakistan, è un grande centro industriale e finanziario. Infine il Baluchistan è un’estesa regione che dispone di enormi risorse naturali e riserve di gas.

Nonostante questa varietà produttiva, le decennali dispute interne e i bassi livelli d’investimento estero hanno reso il Paese vulnerabile, conducendolo ad una crescita economica lenta.

Negli ultimi anni, la bassa produttività e l’inflazione hanno portato all’aumento dei prezzi sui beni alimentari di base e come risultato dell’instabilità politica ed economica, la rupia pachistana è stata deprezzata più del 40%. La disoccupazione ufficiale non ritrae fedelmente il volto di un Paese costretto a fronteggiare un’economia sommersa.

Per riportare in equilibrio le sorti economiche e finanziarie del Paese, il governo ha accettato nel novembre 2008 il programma di aggiustamento strutturale promosso dal Fondo Monetario Internazionale (The IMF Stand-By Arrangement del 23 Novembre 2008): un accordo di circa 8 miliardi di dollari attraverso i quali il FMI si è impegnata a ripristinare la stabilità macroeconomica e sociale del Paese offrendo un sostegno ai più poveri e ai più vulnerabili.

Nonostante gli accordi internazionali, la produzione pachistana è ferma dal marzo 2011 aggravata dall’aumento dei prezzi del petrolio importato e dalla riduzione del prezzo del cotone esportato. L’investimento estero, causato dalle preoccupazioni degli investitori nei confronti di un governo instabile e dal sostanziale rallentamento dell’economia globale, non ha mai realmente risollevato il Paese.

Relazioni internazionali

Nonostante le trattative e le varie misure di sicurezza, il Kashmir rimane la grande disputa territoriale internazionale che coinvolge Pakistan (le aree poste sotto il suo controllo sono Azad Kashmir e le “Northern Areas” che coprono una superficie di 97.547 Kmq), India (le cui aree sono Jammu e Kashmir, per un’estensione di 81.954 Kmq) e Cina (i cui territori sono Aksai Chin e Shaksgam e misurano 42.735 kmq) [Ministero della Difesa].

Con l’India i rapporti rimangono altamente precari ma stabili dal 2004, sin dalla fine del conflitto del Siachen, un confine conteso da India e Pakistan, tra il ghiacciaio Siachen e le creste montuose di Karakorum, tra le montagne dell’Himalaya e mai riconosciuto a livello internazionale. Inoltre il Pakistan contesta all’India la costruzione della diga di Baglihar sul fiume di Chenab e l’insediamento indiano nell’area dell’estuario del Sir Creek nel Mar Arabico.

Un altro confine, la Durand Line (Linea Durand), scarsamente delimitato ma ufficialmente riconosciuto, separa per 2640 km Afghanistan e Pakistan. Divide due realtà tribali preesistenti che non ne riconoscono la legittimità e sono impegnati nel rivendicare, contro i propri governi, la creazione di una terra dei Pashtun o Pashtunistan. Il confine militarizzato, sfruttato come base per i gruppi ribelli e i fondamentalisti afghani per lo scambio di attività illegali, la cosiddetta “mafia dell’oppio” pashtun, continua ad essere una fonte di tensione tra i due Paesi.

I difficili rapporti di vicinato e il problema delle “complicità di Stato” fra servizi segreti e gruppi talebani hanno aggravato le relazioni diplomatiche fra Usa e Pakistan. L’alleanza tra i due Stati, nata con la guerra al terrorismo sulle ceneri dell’11/09, ha infatti raggiunto il livello più basso degli ultimi dieci anni, soprattutto in seguito all’uccisione di Bin Laden da parte degli statunitensi, accusati di non aver pre-allertato il governo pachistano del blitz nel covo di Abbottabad. Il rapporto tra i due Stati è sempre più teso a causa dei continui attacchi dei droni statunitensi nelle aree tribali FATA lungo il confine con l’Afghanistan, criticati soprattutto dall’opinione pubblica pachistana per il crescente numero di vittime civili e dall’annunciato taglio di 800 milioni di dollari negli aiuti militari al Paese. La risposta è stata quella di privare gli Stati Uniti dell’uso della strategica base militare di Shamsi nel Belucistan e di chiudere le due principali rotte di rifornimento dell’Afghanistan utilizzate dai militari americani per consentire il transito di circa 50% del carburante, veicoli, munizioni e cibo diretti al vicino Stato afghano.

Sebbene la vera partita si stia giocando sulla questione della sovranità del Paese, non più disposto a subire l’ingerenza statunitense, gli ultimi periodi sono stati segnati da un’intensa escalation della tensione. Il motivo scatenante è stato definito “memogate”, l’ultimo caso scoppiato lo scorso novembre 2011 che ha trovato in Haqqani, l’ex ambasciatore pachistano a Washington, l’autore di un memorandum inviato all’ammiraglio statunitense Michael Mulle, in cui si denuncia l’esistenza di un golpe progettato dai generali dell’ISI che avrebbe favorito le attività terroristiche nel Paese. Haqqani chiedeva a Washington uno scambio: l’intervento tempestivo degli Stati Uniti a scoraggiare il piano eversivo dei servizi segreti in cambio di misure più risolute per combattere la sfrenata azione terroristica nel Paese ed esercitare un maggiore controllo sull’arsenale nucleare in possesso.

Previsioni

Da un punto di vista economico, nonostante il livello di povertà raggiunga quasi il 50% della popolazione pachistana e l’inflazione sia arrivata a più del 13% nel 2011 dal 7.7% nel 2007 (The World Bank), la situazione rimane preoccupante ma non drammatica. Secondo il Rapporto 2010 sullo Sviluppo Umano, la speranza di vita dalla nascita è in aumento e il valore dell’Indice di Sviluppo Umano del Paese nel ventennio dal 1980 a 2010 è passato dallo 0.311 a 0.490, con un aumento annuale medio dell’1.5%, sebbene si attesti sempre al di sotto della media dello 0.516 dei paesi dell’Asia meridionale. Le sfide principali riguardano l’investimento nel campo dell’istruzione, delle cure sanitarie e sulla disoccupazione, che costringe alla migrazione la popolazione e frena la produzione agricola.

Sul fronte internazionale, il governo, nella stretta della crisi economica, deve recuperare i suoi rapporti diplomatici con gli Stati Uniti e negoziare con i “vicini” India e Afghanistan per continuare a sperare ancora sugli aiuti finanziari elargiti da Washington e dal FMI, già intervenuti in soccorso.

Sul fronte interno, il governo pachistano deve far fronte a una destabilizzazione politica generalizzata, dovuta probabilmente alla fragilità delle Istituzioni pubbliche nel contrastare il potere dilagante delle gerarchie militari e dei servizi segreti e all’incapacità di frenare la lunga faida tra gruppi politici, gli scontri a sfondo etnico-politico e la diffusa “talebanizzazione” del Paese già in atto.

Principali dati socio-economici

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