Malaysia: il ruolo delle donne in politica

di Vincenza Lofino | edito da: Equilibri.net – 30 aprile 2013

 

Qual è il ruolo della donna in politica, in Malesia? Quale in una società odierna attraversata da forti cambiamenti e alla luce dell’insediamento di altre culture, cinese ed indiana, che hanno portato la Malesia a diventare una società multietnica? Lo status della donna malese al centro della discussione; la partecipazione femminile nel mondo politico e il suo contributo alla crescita e allo sviluppo economico in uno Stato musulmano considerato “progressista”, tra i più tolleranti dei Paesi asiatici e al tempo stesso legato alla propria tradizione culturale e religiosa dai caratteri ancora propriamente maschilisti dove le figure maschili che si alternano nella vita di una donna – il padre prima ed il marito poi – sono ancora il perno della società malese.

Nell’area asiatico-pacifica, la rappresentanza politica delle donne è in media circa il 18%, ben al di sotto della media mondiale. In Malesia, stando alle ultime elezioni generali del 2008, la rappresentanza delle donne è del 10%, il secondo dato più basso dell’intera regione. [Asiafoundation.org]

Nonostante un’elevata presenza femminile nei partiti politici, il tasso di donne elette nel Parlamento malese o nominate in rappresentanza di un partito politico, risulterebbe ancora molto basso rispetto ad altri standard asiatici.

Stupisce pensare che ancora oggi, i principali partiti politici malesi, in vista delle imminenti elezioni politiche previste nel mese di maggio 2013, continuino a non riservare un’adeguata attenzione alla componente femminile sia in termini di candidati donna all’interno della propria formazione, sia semplicemente in termini di attrazione di un largo bacino di voti rappresentato dalla popolazione femminile malese (il 49% dei 13,3 mln dell’elettorato malese).

Gli analisti scommettono infatti che l’esito delle prossime elezioni, tra coalizione del Barisan Nasional (BN) al potere e l’alleanza del Pakatan Rakyat (PR) all’opposizione, potrebbe decidersi sul voto degli “indecisi”, costituito in gran parte dal voto delle donne.

Se la rappresentanza parlamentare delle donne malesi rimane molto bassa, gli ambienti nel mondo degli affari sono altrettanto avversi nei loro confronti. The Asia Foundation, un’organizzazione non governativa impegnata nello sviluppo socio-economico e culturale dell’area Asia e Pacifico, collaborando con il Dipartimento di Stato degli USA e con l’Asia-Pacific Economic Cooperation (APEC), ha indagato e affrontato le barriere che impediscono ad una donna di affermarsi come lavoratrice dipendente e come imprenditrice di un’azienda, in Paesi come Malesia, Filippine e Tailandia, fornendo una vasta gamma di strumenti a loro disposizione, come la costituzione di un network, l’accesso alle informazioni, la facilitazione al credito e la formazione professionale.

In occasione del secondo vertice “Women and the Economy Forum” organizzato dall’APEC a San Pietroburgo, lo scorso giugno 2012, il segretario di Stato americano Hillary Clinton in un suo discorso aveva sottolineato: “Limitare il potenziale economico delle donne è per ogni Paese come lasciare i soldi sul tavolo” e poi ancora: “Nessuna nazione può raggiungere il livello di crescita che vuole raggiungere se esclude la metà della sua popolazione (femminile, ndr.)” [Asiafoundation.org]

Secondo le stime delle Nazioni Unite, infatti, l’intera economia dell’area asiatico-pacifica guadagnerebbe ogni anno 89 mld di dollari se le donne fossero messe nelle condizioni di esprimere a pieno le proprie potenzialità, ma incontrano tuttavia ostacoli che impediscono loro di raggiungere questi risultati. [UN.org]

Gli ostacoli culturali

Di quali ostacoli si tratta? Secondo un rapporto 2012 redatto dal Social Science Council Research (SSRC), la rappresentanza politica femminile nella regione è influenzata da fattori culturali e religiosi e da stereotipi di genere sul ruolo delle donne che non trovano spazio in politica ma anzi incontrano le resistenze (a volte anche violente) alla loro partecipazione attiva alla vita pubblica, all’accesso di risorse (economiche e informatiche) e alle sfide da affrontare quotidianamente, senza venir meno ai doveri e alle responsabilità domestiche e familiari e al loro impegno all’interno della comunità. [Ssrc.org]

Altri fattori di democratizzazione e di modernizzazione del Paese, ad esempio elevati livelli d’istruzione (sebbene la Malesia detenga un numero altissimo di donne laureate: per ogni 10 uomini laureati ci sono 13 donne), non garantirebbero da sé una reale partecipazione del mondo femminile in politica. Inoltre il pregiudizio legato alla sfera politica, vista come una vera e propria “impresa a gestione familiare”, è ancora molto forte: la presenza di mogli, figlie, sorelle di politici o di ex-dirigenti politici impedirebbe l’accesso al Parlamento di semplici donne qualificate. La casta politica, garantita dal legame di parentela, rimarrebbe quindi una questione elitaria.

Secondo Michele Bachelet, capo di UN Women, sono necessarie nuove misure speciali. La metà di tutti i paesi del mondo negli ultimi vent’anni avrebbe messo in atto il processo delle “quote elettorali” (o “quote rosa”) ovvero la richiesta di quote minime di presenza femminile all’interno degli organi politici istituzionali con bassa percentuale femminile. [unwomen.org]

Dei 33 Paesi che hanno raggiunto il 30 per cento della rappresentanza delle donne (considerata la percentuale minima di massa critica), 28 hanno tagliato il traguardo grazie all’implementazione di quote di genere. Nel 2011, il primo ministro malese Najib ha annunciato che la Malesia avrebbe raggiunto il 30 per cento della rappresentanza femminile nei consigli aziendali nei successivi cinque anni; la quota tuttavia non sembrerebbe essere stata fissata anche per la rappresentanza politica.

Per queste ragioni, l’alleanza di opposizione Pakatan Rakyat, in vista delle prossime elezioni 2013, ha promesso di nominare dieci ministri donna se la formazione sarà eletta al governo, nonostante la difficoltà nel reperire candidati di sesso femminile dovute proprio al pregiudizio legato alla partecipazione femminile alla vita politica. Molte donne malesi non gradirebbero immischiarsi negli ambienti politici perché moralmente poco favorevoli alle donne e preferirebbero perciò non esporsi o candidarsi, almeno fino a quando il Paese non sarà in grado di colmare il divario di genere a livello sia politico, sia economico, per realizzare finalmente lo sviluppo del Paese.

Conclusioni

La Malesia, sebbene si dimostri aperto e tollerante al mondo occidentale, cela al suo interno forti contraddizioni dove la modernità e il lusso della sua capitale federale, Kuala Lumpur, familiari ai turisti di tutto il mondo, si mescolano ai valori tradizionali e a un sentito misticismo spirituale orientale, sacro ai malesi.

Le differenti religioni e culture che oggi coesistono nel Paese, rappresentano l’apertura e la disponibilità al dialogo e porterebbero con sé molti aspetti positivi. Tuttavia gli schemi socioculturali e religiosi attorno al ruolo di supremazia dell’uomo nella società e nella famiglia, impediscono una visione più approfondita della funzione e dell’importanza della figura femminile non solo all’interno della società ma anche nella sfera pubblica.

Lo stereotipo del ruolo maschile conserva intatta la sua posizione protezionista e patriarcale nei confronti della figura femminile, esposta a frequenti casi di discriminazione: vedi i casi di donne-lavoratrici costrette a rimettere i loro salari nelle tasche del marito, private dell’autonomia nella gestione dei loro risparmi, costrette a lasciare il proprio lavoro qualora il marito lo decida o talvolta soggette, nei peggiori casi, a violenza domestica di natura sia fisica sia psicologica. Se per l’uomo malese, la funzione della donna, relegata alla sfera coniugale e domestica è ancora molto importante, la sussistenza economica della famiglia non può non prescindere unicamente dal lavoro dell’uomo.

Nonostante queste barriere oggettive, una nuova visione accompagnata da azioni concrete all’interno della casa e della famiglia (l’aiuto nelle faccende domestiche e nell’educazione dei figli) sta nascendo tra le generazioni malesi di oggi, propense a un nuovo ruolo di parti attive che sgrava le donne e permette loro di concentrarsi maggiormente sul lavoro e sulla gratificazione personale. Inoltre massicce campagne e azioni di sensibilizzazione da parte della società civile e incentivi fondamentali messi oggi a disposizione dal Governo malese assieme ad interventi mirati a favore delle quote rose, permetterebbero sempre a più donne di partecipare e contribuire alla crescita dell’economia del Paese.

Per rompere vincoli e superare barriere così fortemente radicate, non basta contare solo sullo strumento dell’istruzione, ma è necessario il supporto culturale dell’uomo e dello Stato nel faticoso processo di trasformazione sociale ed economica per ridefinire la posizione della donna all’interno della società: tra questi rientrerebbero cambiamenti di abitudini/attitudini in ambito familiare, l’introduzione di nuove tecnologie che permettono di misurarsi col mondo esterno, come l’uso di internet e dei social network, l’introduzione di nuovi farmaci (l’utilizzo della pillola contraccettiva), la riduzione della discriminazione di genere sul posto di lavoro, l’introduzione della legge sul divorzio, la nascita di strutture e servizi appositamente dedicate alla cura ed assistenza dei bimbi (asili, babysitting ecc).

In questa maniera e trasmettendo alle donne un nuovo senso di responsabilità che va oltre la scelta personale, il Governo, le Istituzioni scolastiche e insieme la società civile malese potranno favorire una reale emancipazione della donna e finalmente consentire un facile accesso alla sfera pubblica politica affinché non solo le donne (e gli uomini), ma anche tutta la società e la stessa Malesia possano beneficiarne.

[Monica Simioni, tesi di laurea “Partecipazione femminile al mondo del lavoro in Malesia – Facoltà di Scienze Statistiche – Università degli Studi di Padova]

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