Il Giappone un anno dopo lo tsunami, tra difficoltà economiche e problemi sociali
di Vincenza Lofino | edito da: BloGlobal, OPI – 29 novembre 2012
Le prospettive di ripresa economica in Giappone si stanno lentamente consolidando. A indicarlo è lo stesso governo di Tokyo, che motiva il ritrovato ottimismo con i segnali rassicuranti che giungono da Stati Uniti ed Europa. Il classico rituale delle preghiere, particolarmente sentito e seguito dai media, che si è svolto all’inizio del nuovo anno in tutto il Giappone per propiziare un 2012 migliore dell’anno precedente, sta funzionando. La serenità purtroppo è offuscata da una grave piaga sociale nazionale che è andata sviluppandosi nel corso degli anni Novanta e che tuttora desta forti preoccupazioni nei governi in carica: il Giappone è, infatti, tra i Paesi con il più alto tasso annuo di morti suicide al mondo.
L’economia giapponese è in ripresa
Dopo un periodo davvero nero per l’economia giapponese e per il mercato mondiale, in seguito al disastro causato dal terremoto del 2011 e alla devastazione di Fukushima, i dati economici degli ultimi mesi appaiono incoraggianti. Il trend ha iniziato ad invertirsi all’inizio del nuovo anno rispetto al precedente e l’intera economia ha dato segni positivi andando oltre le previsioni. Secondo fonti ASCA, gli ordini per il settore manifatturiero e i consumi privati, che pesano circa per il 60% nell’economia giapponese, sono cresciuti rispetto al 2011: +1,2% nei primi tre mesi del 2012 e in leggera flessione nel secondo trimestre con un +0,1%.
Intanto la notizia diffusa dalla Cooperativa per la Pesca della Prefettura di Fukushima parla di ripresa delle vendite del pesce proveniente da Fukushima già dal mese di maggio 2012. La notizia è incoraggiante e aumenta le speranze di miglioramento di ripresa economica della regione. Secondo quanto emerso dalle autorità sanitarie del Giappone, che hanno effettuato severissimi controlli sulle acque e sulla fauna marina della regione, le specie in vendita hanno superato rigorosi test per accertare l’assenza di tracce rilevabili di cesio radioattivo, sebbene l’intero mercato ittico rimanga sempre in allerta per il timore di contaminazioni delle acque del mare in prossimità della centrale, come evidenziato dal Ministero giapponese della Pubblica Istruzione, Cultura, Sport, Scienza e Tecnologia (MEXT).
Tutta l’economia del Sol Levante è in graduale ripresa, trainata dal sostegno ai progetti di ricostruzione delle aree della costa nordorientale devastate dal terremoto e dallo tsunami dell’anno scorso marzo 2011 che ha provocato oltre 15000 morti e circa 3500 dispersi [dati della Croce Rossa Internazionale] con conseguenze notevoli sull’assetto economico-finanziario del Paese. ll sisma, inoltre, ha provocato il blocco della produzione (in seguito alla quale alcune compagnie di marchi tecnologici e case produttrici di auto sospesero la produzione negli stabilimenti giapponesi) e lo spegnimento automatico di undici centrali nucleari da parte dei sistemi di emergenza con il rischio di fuoriuscita di materiale radioattivo da alcuni reattori.
Nel frattempo sul fronte monetario, lo Yen, la valuta nazionale giapponese, ha conosciuto un notevole rafforzamento come non si registrava da diverso tempo. Se da un lato questo rappresenta un fattore positivo, dall’altro rischia di compromettere le esportazioni nipponiche. Per questi motivi il Giappone ha deciso di puntare alla sua ripresa economica con una politica monetaria più espansiva.
Una manovra economica di tipo espansiva
Dopo la Federal Reserve e la Banca Centrale Europea, anche la Banca del Giappone ha immesso nuova liquidità nel suo sistema bancario e ha annunciato l’implementazione di un maxi piano sui titoli di stato, programma pensato per ridare fiato all’attività economica, con ulteriori acquisizioni per altri 10.000 mld di yen, pari a circa 94 mld di euro. Il governatore Masaaki Shirakawa ha sottolineato l’importanza della manovra dell’allentamento monetario (o easy money) che tende ad aumentare la liquidità del sistema economico abbassando i tassi di interessi ufficiali, auspicando che la svalutazione della moneta possa accelerare il risanamento dei conti pubblici giapponesi, frenare la deflazione (cioè ridurre il livello assoluto dei prezzi), stimolare l’offerta agli investimenti esteri e rilanciare finalmente l’esportazione e la competitività internazionale del Paese.
L’istituto centrale nipponico ha infatti annunciato una massiccia iniezione di liquidità, il cui obiettivo è quello di rilanciare l’economia nel Sol Levante con immediati effetti sia sulla Borsa di Tokio, che nel 2011 aveva perso il 17% mentre lo scorso gennaio 2012 aveva riaperto con un promettente segno positivo, sia sulla crescita reale del PIL.
Tuttavia, secondo i dati forniti dal governo nipponico il PIL nel secondo trimestre del 2012 ha registrato solo una crescita dello 0,3%, ben al di sotto delle attese rispetto ai primi tre mesi, quando il Prodotto interno lordo era cresciuto dell’1,3%. Inoltre su base annua, il PIL ha mostrato nel secondo trimestre una crescita dell’1,4%, rispetto a una previsione di incremento del 2,7% e contro un rialzo del 5,5% del primo trimestre. La causa di tutto ciò è da ricercarsi nel forte rallentamento delle esportazioni e al massiccio incremento della spesa pubblica dettati dalla riparazione dei danni provocati dal terremoto dello scorso anno. La brusca frenata dell’export, soprattutto verso Cina, Europa e Stati Uniti, fa segnare a settembre 2012 un deficit commerciale di 558,6 mld di yen (5,6 mld di euro circa) e accusa una situazione economica globale non semplice, dovuta principalmente alla crisi del debito nell’Eurozona e dal forte indebolimento dell’Euro sui mercati mondiali.
Ad ogni modo la situazione economico-finanziaria del Paese, come già evidenziato, sembra si stia risollevando, seppur con fatica. Ma le notevoli difficoltà sociali mostrano un quadro complessivo preoccupante che sta impressionando l’opinione pubblica nazionale ed internazionale. In un momento economico così problematico e cruciale come quello odierno, non sorprende parlare di un fenomeno allarmante come quello dei suicidi tra la popolazione che in Giappone è un male molto profondo e non certo slegato dalla crisi economica in atto.
Il paradosso del suicidio: una triste piaga nazionale
Una mappa del 2011, secondo un confronto dei dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS/WHO) [vedi immagine], dimostra come in Giappone il tasso di suicidio abbia raggiunto un live
llo tra i più alti al mondo. Il pericolo maggiore viene soprattutto dalle zone colpite dal terremoto e dal maremoto del marzo 2011. Le autorità nipponiche hanno reso noto un rapporto ufficiale che studia l’andamento del fenomeno suicidi: i dati rimangono molto preoccupanti e dicono che anche nel 2011 si è superata la soglia dei 30000 suicidi in un anno (30651).
Yukio Hatoyama, diventato Primo Ministro nel 2009, aveva deliberatamente proposto di arginare questo triste fenomeno, ma leggi, provvedimenti ed interventi di vario genere non hanno avuto effetti rilevanti. Quando nel 2011 è avvenuto il disastro di Fukushima, le autorità denunciarono un picco di suicidi tra aprile e giugno a causa della fortissima pressione subita dalla gente dopo questa tragedia. La crisi economica scatenata dallo tsunami e dall’incidente nucleare scoraggiò moltissime persone di tutte le fasce d’età.
Non a caso, tra le motivazioni generali che spingono solitamente al gesto spiccano il licenziamento e la disoccupazione conseguenti alla forte recessione economica giapponese degli anni ’90 e all’attuale crisi economica post-tsunami. Sono da annoverare anche la depressione, i problemi sociali e di salute di varia natura e la mancanza di comunicazione con i famigliari.
Di particolare preoccupazione è l’alto numero di suicidi tra i giovani che arrivano al gesto per la mancanza di valori, l’assenza di fiducia nel futuro e il fenomeno del bullismo. Nell’ambito scolastico infatti, il 2011 ha registrato il livello record di suicidi. Un rapporto del Ministero dell’Istruzione rivela che 200 studenti di elementari, medie e superiori si sono tolti la vita, ovvero il numero più alto registrato in 25 anni. L’anno precedente, 2010, i suicidi erano stati 44. Ancora una volta, tra le cause principali, c’è il bullismo.
Tuttavia secondo la polizia sono molti di più. E’ difficile poter accertare un numero esatto di suicidi tra o i casi di mobbing riconosciuti. Ad esempio, l’Agenzia nazionale di polizia ha riferito che i suicidi tra gli studenti nel 2011 sono stati 353, 153 in più rispetto alle stime del Ministero dell’Istruzione che probabilmente non ha tenuto conto dei casi non segnalati dalla polizia o non rivelati dalle stesse famiglie. Inoltre è difficile individuare il fenomeno stesso del bullismo che sempre più si avvale oggi della tecnologia e dei suoi mezzi come Internet e i telefoni cellulari, per espandersi.
E’ un problema sociale molto sentito e le autorità giapponesi faticano a trovare una soluzione, ma quello che si deve affrontare oggi in Giappone è la morte causata dall’alienazione dal mondo: il “kodokushi” ovvero le morti solitarie. “E’ il suicidio delle relazioni interpersonali, il fallimento totale della società, dei rapporti con gli altri. Quando viene meno la socializzazione vuol dire che qualcosa non va nel sistema, nella comunità intera e nei suoi modelli socio-culturali”. E’ questa l’analisi del Professor Maurizio Pompili, psichiatra, responsabile del Servizio per la Prevenzione del Suicidio dell’Ospedale S. Andrea di Roma-Università La Sapienza e relatore intervenuto alla Giornata mondiale per la prevenzione del suicidio promossa dall’International Association for Suicide Prevention (IASP) e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, celebrata a Roma il 10 e l’11 settembre 2012.
Conclusioni
Probabilmente mancano psicologi nelle scuole e strutture adeguate al problema. Sicuramente un fattore condizionante da non trascurare è da ricercare nella società giapponese e nella tradizione culturale che ha sempre fatto del senso dell’onore uno degli elementi fondamentali della società nipponica. Il fenomeno suicida non è da intendersi accettato dalla società senza preoccupazione; al tempo stesso, però, non è mai stato condannato apertamente e moralmente dalla società (né dalle sue religioni, a differenza del mondo occidentale cristiano) che per tradizione vede nell’atto un gesto romantico, quasi eroico e “onorevole” per lasciare questo mondo, una forma di riscatto personale.
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