Filippine: il Governo e i ribelli musulmani firmano la pace

di Vincenza Lofino | edito da: Equilibri.net – 1 novembre 2012

 

Il governo filippino ha raggiunto un accordo di pace con il Moro Islamic Liberation Front (MILF), il più grande gruppo ribelle musulmano dello Stato delle Filippine. L’accordo dopo lunghe trattative ha posto fine a quarant’anni di guerra civile che è costata la vita a più di 120.000 persone e ha provocato circa due milioni di profughi. [BBC.co.uk]. La firma dello storico documento è avvenuta lo scorso 15 ottobre 2012, nella capitale Manila.

Il MILF, è un gruppo di ribelli che ha combattuto contro il governo per quasi 40 anni per i diritti del popolo Bangsamoro, una comunità musulmana presente nell’isola di Mindanao, a sud delle Filippine, a maggioranza mussulmana in un Paese prevalentemente cattolico (oltre l’80%).

Si tratta di un conflitto che poteva essere risolto più volte nel corso degli anni. L’ultimo, fragile cessate-il-fuoco era in vigore dal 2003, supervisionato da un Gruppo di monitoraggio internazionale che ha tenuto sotto osservazione le controversie tra i membri del MILF e l’esercito del governo centrale. Lo stesso presidente in carica, Benigno Aquino, eletto nel 2010, in uno dei suoi principali impegni della sua campagna elettorale, si era pronunciato a favore dei colloqui di pace nel Mindanao, ma l’accordo è stato raggiunto formalmente solo lo scorso 15 ottobre, grazie anche all’intermediazione della Malesia.

Lungo 13 pagine, il documento è frutto di mesi di incontri e consultazioni fra MILF, governo, enti locali e regionali, membri della società civile, fra cui i rappresentanti della Chiesa cattolica, protestante e minoranze tribali. I punti chiave dell’accordo prevedono:

• La creazione di una grande regione autonoma nell’isola di Mindanao, chiamata Bangsamoro. Lo stesso termine “Bangsamoro”, parola locale per identificare la comunità islamica, è un segno della volontà di Manila di riconoscere il dominio ancestrale delle terre da parte delle etnie di religione musulmana. [AsiaNews.it]

• Lo smantellamento graduale delle milizie armate, degli eserciti privati e di altri gruppi armati e il trasferimento “graduale e progressivo” del potere militare dall’esercito alla polizia del Bangsamoro.

• Il riconoscimento dei diritti umani e democratici e l’impegno di sviluppo e di equa ripartizione delle ricchezze naturali presenti nell’area.

• L’espansione di tribunali islamici per i residenti musulmani

• Una nuova legge per le elezioni dei rappresentanti del governo locale e la possibilità di utilizzare la sharia per risolvere le controversie interne alla comunità musulmana.

• L’aggiunta di sei nuove città e diversi villaggi alle cinque province dell’ex ARMM (vedi in seguito): Zamboanga-Basilan – Sulu e Tawi Tawi. Fra i nuovi centri vi sono Cotabato e la città di Isabela, dove si registra la presenza del 50% ca. dei cattolici.

Come si legge nel documento, oltre ad aver ridefinito i confini territoriali, l’accordo avrebbe dato luogo a modifiche strutturali del sistema giuridico e finanziario filippino e avrebbe consegnato ai leader del Bangsamoro più poteri politici ed economici, chiedendo loro di impegnarsi maggiormente nel rispondere alle esigenze delle povere comunità. Una re-distribuzione più equa delle abbondanti risorse naturali presenti nella regione (soprattutto miniere d’oro) ridarebbe più stabilità e maggiore serenità a quelle società che in tutti questi anni di guerriglia hanno subito continui attacchi da parte di gruppi armati e rapimenti a fondo di estorsione.

La fine del conflitto con i ribelli islamici rappresenta anche una grande opportunità economica per il Paese che potrà in futuro godere degli investimenti stranieri e contare su una ripresa che dovrà sostenere le decine di milioni di filippini che vivono in povertà. Il Paese, malgrado una crescita media annuale del 5,8%, è ancora fortemente dipendente dalle enormi rimesse dei lavoratori espatriati.

Natura e storia del conflitto

Anche se spesso descritto in termini religiosi, gli analisti concordano sulla natura etnico-culturale del conflitto durato quattro decenni. Ghadzali Jaafar, vice-presidente per gli affari politici del MILF, rivendica ancora l’essenza di una lotta per mantenere l’identità culturale del territorio della comunità Bangsmoro, più che una guerra di religione.

L’obiettivo perseguito durante il conflitto, come spiega Jaafar, non è stato quello di separarsi dallo Stato, né quello di recuperare le altre zone a minoranza musulmana sparse a sud, ma quello di farsi riconoscere dal governo il diritto di autodeterminazione, rifacendosi all’esempio di Hong Kong dalla Cina. I respingimenti dei piani proposti dal governo negli anni passati confermerebbero perciò un cambio di programma rispetto alle rivendicazioni iniziali operate dai ribelli, anche a seguito dell’infruttuoso decennale tentativo di ottenimento di uno Stato completamente separato dalle Filippine. Infatti i piani e tutte le dichiarazioni di apertura proposti dal governo non rispettavano pienamente le richieste dei ribelli e non concedevano loro una sufficiente autonomia [BBC.co.uk].

Con molta probabilità, il rischio di un’eccessiva radicalizzazione islamista della regione ha posto i dirigenti del MILF a considerare l’autonomia come strada maestra piuttosto che combattere per l’indipendenza. “Il MILF – come spiega padre Calvo, missionario clarettiano da quarant’anni nelle Filippine – rappresenta solo una parte del panorama estremista islamico che insanguina Mindanao dal 1972. Fra essi infatti vi sono fazioni più violente ostinati ad ottenere la piena indipendenza della regione” [AsiaNews.it].

Il disegno di una nuova regione autonoma era già nato nel 1989 con la Regione Autonoma del Mindanao Musulmano o Autonmous Region of Muslim Mindanao (ARMM), ma descritto dallo stesso Aquino come un “esperimento fallimentare” [Gmanetwork.com] poiché non è riuscito a fermare le violenze e ha permesso alle famiglie più potenti di arricchirsi sempre di più.

Nel 1996 il governo aveva istituito una regione semi-autonoma, ma anche questa non era riuscita a fermare i combattimenti, né a placare le preoccupazioni della popolazione sotto assedio.

Nell’agosto del 2008, dopo undici anni di negoziati, il governo aveva accettato i confini di una regione autonoma musulmana, con grande soddisfazione da parte di tutte le parti, arrivate al punto di firmare un accordo; ma l’accusa di alcuni gruppi locali cattolici che lamentavano una mancata consultazione delle loro posizioni, aveva portato la Corte Suprema ad intervenire, bloccando l’intesa. In poche settimane il conflitto era ripreso provocando nel giro di un anno la fuga di circa 300.000 civili. A distanza di anni, molti di loro non sono ancora tornati nelle loro case.

Lo scenario

L’arcipelago delle Filippine è costituito da più di 7.000 isole, con una popolazione di circa 95 milioni di abitanti. Il sud del Paese ha una lunga storia di conflitti tra diversi gruppi armati attivi soprattutto nelle isole Mindanao e Basilan e nella municipalità di Jolo (nell’estremo sud): separatisti musulmani, comunisti, miliziani di clan locali e gruppi criminali, rappresentando una grave minaccia per la stabilità del Paese.

Le principali fazioni ribelli possono essere considerate: il Moro Islamic Liberation Front e il Moro National Liberation Front. Il MILF è il partito combattente islamico delle Filippine; una milizia armata il cui obiettivo dichiarato è sempre stato, come suggerisce il nome, la creazione di uno Stato-nazione indipendente per l’etnia Moro, autoctona del Paese. Il gruppo è nato da una frattura interna al Moro National Liberation Front (MNLF) che raccoglieva in precedenza attorno a sé tutta l’insorgenza islamica nel Paese. La scissione avvenne a fine anni ’70, a causa del dissidio interno alla leadership creatosi dopo gli accordi di pace del 1976.

Oltre a questi sono da annoverare diversi gruppi separatisti islamici: il New People Army o Nuovo Esercito del Popolo (NPA), l’esercito rivoluzionario nato nel 1969 sotto l’assoluta direzione del Partito Comunista delle Filippine; il gruppo Abu Sayyaf, movimento radicale islamico, nato negli anni ’90, conosciuto anche come al-Harakat al-Islamiyya (Movimento Islamico) vicino ad al-Qaeda e il recente Bangsamoro Islamic Freedom Fighters (BIFF), gruppo creato nel 2011 da ex membri del MILF non allineati.

Conclusioni: l’accordo tra luci e ombre

Il documento segna la nascita della nuova regione autonoma di Bangsamoro e dà il via ai dialoghi di pace con il MILF. L’accordo è “storico” perché ha più sostegno politico rispetto agli accordi precedenti; garantisce soprattutto i diritti e il futuro del popolo Bangsamoro e conserva, al tempo stesso, la sovranità e la costituzione della Repubblica delle Filippine che manterrà il potere in materia di difesa e sicurezza nazionale, nonché la gestione della politica estera ed economica.

Nel testo si legge che le parti si impegnano a raggiungere un “accordo totale” entro la fine dell’anno.

“Questo accordo quadro apre la strada per una pace definitiva e duratura nel Mindanao”, ha affermato Aquino nel suo discorso ufficiale a Manila, che ha aggiunto: “Il lavoro non finisce qui; ci sono ancora alcuni dettagli sui i quali entrambe le parti devono lavorare per trovare un compromesso”. [BBC.co.uk] Nell’immediato, l’accordo prevede la creazione di un Comitato provvisorio per gestire la fase di transizione che dovrà supervisionare cinque province, tre città e sei comuni che faranno parte della regione autonoma.

Il documento è stato però boicottato da diversi gruppi islamici contrari alla semplice autonomia; mentre i cattolici lamentano che nella nuova entità, a maggioranza islamica, siano incluse due città con una grande presenza di cristiani, e soprattutto temono le concessioni del governo sull’impiego della sharia. Fonti di Asia News avvertono che l’applicazione della legge islamica preoccupa la comunità cristiana e la Chiesa cattolica, che però non si è ancora pronunciata in via ufficiale.

Nonostante l’accordo, il Paese deve quindi affrontare, da un lato, le reali intenzioni da ambo le parti a garantire la pace e lo sviluppo per la minoranza musulmana; dall’altro, per pacificare completamente l’arcipelago filippino dovrà ancora risolvere la questione dei guerriglieri separatisti determinati nella loro battaglia di indipendenza di un nuovo Stato islamico.

 

Appronfondimenti

http://pcdspo.gov.ph/downloads/2012/10/GPH-MILF-Framework-Agreement-10062012.pdf

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